Vi propongo qui un mio articolo sul silenzio come punizione pubblicato sul quotidiano Alto Adige di Bolzano del 14/01/2023 per la rubrica Oltre il Pensiero.
Ho deciso di parlare di questo argomento in quanto è una tematica attuale che mi viene portata in seduta, sia essa in studio a Bolzano presso REHAplus sia nei colloqui via Skype.
Mi è capitato di sentire spesso come all’interno di un litigio venga messo in atto da una delle due parti un comportamento definito “silent treatment” o “trattamento del silenzio” che consiste nell’utilizzare il silenzio come forma di punizione. Tutti i tipi di relazioni possono esserne soggetti, rapporti amorosi ma anche familiari e amicali. Questo tipo di comportamento viene considerato una forma di violenza emotiva che ha lo scopo di controllare o punire chi lo subisce. La persona che lo mette in atto conosce le emozioni e i sentimenti della sua “vittima”, sa quanto siano importanti e per questo punisce con il silenzio sapendo cosa provocherà. Le conseguenze per la persona che lo subisce sono di natura psicologica: senso di frustrazione, irrequietezza, confusione, colpa; la vittima si sente in balia dell’altro con un senso di impotenza crescente dato dalla percezione di non poter fare nulla per cambiare le cose e nel non sapere come evolverà la situazione. Questo tipo di silenzio, diverso dalle altre forme, è considerato una forma di aggressività psicologica a carattere manipolatorio. Viene infatti definito come una manipolazione nella quale il silenzio ha un ruolo decisivo in quanto viene utilizzato come forma di controllo della persona che lo subisce. Anche il silenzio può manipolare, non solo le parole. Questo tipo di comportamento infatti crea confusione (“prima era felice, ora non mi parla”), preoccupazione (“cosa avrò fatto?”), insicurezza (“non può essersi arrabbiato per quella battuta”). Ci sono una serie di modalità in cui questa comunicazione/non comunicazione può avere luogo, da una parte la persona che sta in silenzio può voler lasciare parlare l’altro per avere più informazioni da utilizzare a proprio vantaggio; dall’altra può semplicemente sparire, non rispondere a messaggi o chiamate anche per lungo tempo per poi riapparire pretendendo spesso delle scuse anche se non dovute. È importante sottolineare che non tutti i silenzi sono dannosi, a volte servono momenti per ragionare o per prendersi un attimo di pausa dalla discussione. È l’intento qui che è diverso perché, nel caso del silenzio punitivo, c’è la volontà di raggiungere un obiettivo e viene utilizzato il silenzio come forma di aggressione e manipolazione per ottenere quello che si vuole (anche semplicemente la ragione in una discussione). La persona che ricorre al silenzio di solito lo fa perché non ha altre risorse per affrontare il problema e lo mette in atto con l’obiettivo di uscirne vincitore; si mette la responsabilità dell’esito del conflitto nelle mani dell’altro, non c’è dialogo o confronto ma semplicemente si vuole ottenere che l’altra persona accetti il proprio punto di vista. Quando si subisce il silenzio è importante evitare di mostrarsi coinvolti nonostante le emozioni negative e dolorose che si provano, più si cerca di insistere nel chiedere spiegazioni o nel voler risolvere il conflitto più si rischia di ottenere l’opposto. Può essere utile allontanarsi sia per proteggersi, sia per lasciare all’altro il tempo di riflettere e in ultimo provare a ritornare in seguito sull’argomento per provare a risolverlo in una maniera più oggettiva, quando le emozioni forti si saranno in parte placate.
Dott.ssa Valentina Candela, Psicologa
Se senti di avere un problema è importante capirne la causa. A volte però l’aiuto di famigliari e amici non è sufficiente ed è necessario rivolgersi ad un professionista Psicologo. Se senti di aver bisogno di una consulenza psicologica non esitare a contattarmi per prendere un appuntamento a Bolzano presso REHAPLUS o via Skype.