Vi propongo qui un mio articolo sul mobbing come violenza psicologica pubblicato sul quotidiano Alto Adige di Bolzano del 08/10/2022 per la rubrica Oltre il Pensiero.
Ho deciso di parlare di questo argomento in quanto è una tematica attuale che mi viene portata in seduta, sia essa in studio a Bolzano presso REHAplus sia nei colloqui via Skype.
Secondo lo psicologo Erikson “la gente non si licenzia dal lavoro che fa, ma dal capo che ha”. Questa frase suona come una sentenza, come se lo stress lavoro correlato fosse unicamente riferibile al proprio superiore. Si può affermare però che una delle cause del drop-out lavorativo sia proprio il capo perché è egli stesso a volte a creare un clima lavorativo nel quale le persone si sentono a disagio e piene di dubbi. Il termine “mobbing” deriva dall’inglese “to mob” cioè assalire, aggredire. Il mobbing o terrore psicologico sul posto di lavoro si riferisce ad una modalità di comunicazione ostile e non etica diretta da uno o più soggetti verso un solo individuo che proprio per la condizione in cui si ritrova vive in uno stato di totale impotenza (Leymann, 1990). Il tipo di violenza che viene messa in atto dal singolo o dal gruppo si mantiene su un piano psicologico, insulti, denigrazioni (“non vali nulla”, “qui non sei nessuno”), demansionamento senza motivo, esclusione sociale portando la persona che è vittima di mobbing ad un alto livello di sofferenza mentale e psicosomatica. Gli indicatori comuni riguardanti questo fenomeno possono essere diversi, si parla di intenzionalità lesiva di chi mette in atto i comportamenti vessatori, sistematicità e frequenza degli atti lesivi che portano la persona che li subisce ad un calo drastico del proprio benessere psico-fisico. L’elenco delle attività tipiche del mobber sulla vittima sono tante; viene limitata la possibilità di comunicare (si viene interrotti o non si lascia spazio al dialogo), si attaccano le relazioni sociali (isolamento, si lavora come se quella persona non fosse nella stanza, non viene invitato alle riunioni ufficiali), viene intaccata l’immagine sociale della vittima (storie fasulle, chiacchiericcio alle spalle, lavori spesso umilianti non necessari). Infine la vittima di mobbing viene attaccata anche sul professionale, le valutazioni sono basse, c’è un iper-controllo del suo operato, vengono assegnati progetti senza il tempo per poterli concludere e come detto prima viene attivata una dequalificazione professionale. Le conseguenze del mobbing sono molto gravi e non devono essere sottovalutate. Il soggetto che ne è vittima inizierà a sentire un disagio sempre più significativo con il perpetrare delle violenze a lui dirette portandolo inizialmente a sentirsi non sufficientemente motivato ad andare al lavoro o calando nel proprio rendimento anche per il senso di sfiducia e per la perdita di autostima che iniziano ad insinuarsi. Le conseguenze possono poi drammaticamente sfociare anche nella comparsa di sintomatologia di natura psico-fisica: disturbi gastrici, cefalea, perdita o aumento di peso consistente, ansia, attacchi di panico, disturbi del sonno e dell’umore, disturbi nella sfera sessuale, aggressività, ecc. Il lavoro è parte integrante della giornata per questo situazioni di sofferenza come quelle derivanti dal mobbing ricadono sulla vita extra lavorativa. E’ importante però non affrontare tutto da soli, non isolarsi è fondamentale ed è invece necessario chiedere aiuto sia ad amici e familiari ma anche a figure professionali esperte che possono indicare sia le azioni corrette da mettere in atto per quanto riguarda il lavoro stesso sia per ristabilire quell’equilibrio psicologico che è stato spazzato via.
Dott.ssa Valentina Candela, Psicologa
Se senti di avere un problema è importante capirne la causa. A volte però l’aiuto di famigliari e amici non è sufficiente ed è necessario rivolgersi ad un professionista Psicologo. Se senti di aver bisogno di una consulenza psicologica non esitare a contattarmi per prendere un appuntamento a Bolzano presso REHAPLUS o via Skype.